Mi scuserete la piccola digressione, ma mi faceva piacere ripubblicare questa cosina scritta qualche tempo fa...
Sua Maestà il Fastnet
(al Fastnet ed alla regata che lo vede protagonista dedicherò un post a parte)
La vela è un’attività meravigliosa, è uno sport a contatto con la Natura ed è soprattutto un modo per misurarsi con se stessi, gli altri ed il mare.
Fare regate poi, è ancora più entusiasmante perché, in pochi sport, come in questo, ci è data la possibilità di competere contro professionisti o di diventarlo anche in età non più adolescnziale.
L’adrenalina che si produce durante una regata sulle boe è tanta e la tensione a bordo è alta, tutti si sforzano per mantenersi concentrati, e, se tutto andrà bene e la fortuna ci avrà assistito, riusciremo pure a fare il risultato.
C’è però un tipo di regata che merita qualche ragionamento in più, quella regata che molti amano, per il fascino ed il contatto prolungato col mare e con la barca, ma che credo, i più detestino per l’assoluta incertezza del risultato e per lo stress fisico e mentale a cui gli equipaggi sono sottoposti: La Regata Lunga!
Almeno 180 miglia (ma alcune molte di più) a zonzo per il mare cercando di intuire bordi, scandire turni, nutrirsi, cambiarsi e ricambiarsi, riposare (qualcuno ci riesce!!!).
Ma procediamo con ordine: prima di tutto la regata lunga comincia a terra, un giorno prima, con la cambusa, e la preparazione della barca.
I comuni mortali, e non i professionisti che si portano dietro solo barrette energetiche, preparano la cambusa come se dovessero sopravvivere all’olocausto nucleare. C’è sempre qualcuno che ha paura di morire d’inedia tra una virata e l’altra così, giusto per non appesantire la barca, ecco una breve lista di cibarie che un equipaggio di sette, otto persone si porta dietro:
frittata di maccheroni preparata con un uovo per ogni membro dell’equipaggio e almeno 150 gr. di pasta a testa, avete idea di quanto pesa ed il colesterolo dove schizza?
Se l’apporto di carboidrati dovesse essere poco, si sa, i muscoli necessitano zuccheri, si prepara anche un’insalata di riso, che nel migliore dei casi è già porzionata in contenitori di alluminio, cosa che consiglio, se non si vuole riempire il frigo, la dinette, il pozzetto e la sentina di chicchi di riso e giardiniera; pensate alle difficoltà che si incontrano cercando di servirsi, sotto coperta, l’insalata di riso con una forchettina di plastica, col mare formato e 25 nodi di vento? Il più delle volte poi, arrivi a scovare la pietanza in questione, al secondo giorno di regata, quando oramai è gia andata a male ed ha appestato tutto il frigo, che sul fondo ha già di suo, quella melmetta fetida composta da liquidi vari, foglioline di basilico, bucce di banana, grasso di prosciutto ecc ecc...
Passiamo alle proteine. Come la mettiamo col calo del tono muscolare? Quindi vai coi panini prosciutto e formaggio, cotolette, salame piccante...
Un altro problema che assilla i regatanti e soprattutto gli armatori è la disidratazione, quindi, oltre ai 50 litri di liquidi alcolici e non, si imbarcano circa 6 Kg. di banane, mele del Trentino in quantità sufficiente per un’apple pie per 40 persone, arance che basterebbero ad un reggimento. Naturalmente tutta questa frutta rimarrà a fermentare in frigo per tre giorni, col risultato che a fine regata, si estrae dalla ghiacciaia, una busta piena di una poltiglia a metà strada tra una macedonia ed una marmellata.
“E il dolce? le vogliamo portare 10, 15 tavolette di cioccolato? a me solo fondente”, “Io lo voglio pralinato!”, “Io al latte o bianco”....
Ok, la cambusa è fatta, passiamo alla borsa.
Lessi da qualche parte che i velisti neozelandesi portano con loro solo la cerata e lo spazzolino da denti.
E noi?
Indipendentemente dal fatto che la regata si svolga in inverno o in estate, la nostra borsa comprende ricambi quattro stagioni, il tutto raddoppiato.
In questo caso il tattico gioca la sua parte; è lui che consultando il meteo, ci dirà se è prevista pioggia, mare formato, uragani, trombe d’aria...Egli, mantenendosi sul vago ci dirà, inevitabilmente “Ragazzi, ci sono tre previsioni diverse, quindi portatevi un po’ di tutto”.
Qualcuno lo segue alla lettera e prepara un bagaglio da crociera sulla Costa Magnifica, pantofole, veste da camera e pigiama compresi. E li indossano!!!
Così equipaggiati, con la barca che già cede e scricchiola sotto il peso delle cose imbarcate ci si dirige verso la partenza, chi gasato dall’avventura da affrontare, chi, come me, con la morte nel cuore, consapevole che dovrà fare ricorso a tutte le sue risorse per finire la regata in modo umanamente dignitoso.
Inizia la regata, tutti tesi e concentrati, al quarto miglio, il tattico ordina “Voi due, andate a dormire!”. Ma che cazzo gli prende, come faccio a riposare, fa un caldo della madonna, la barca rolla e beccheggia, sottocoperta già si comincia a sentire il puzzo di nafta misto a quello di cibo andato a male, “vacci tu a dormire...io mi faccio tutta una tirata fuori, nel caso dormirò appeso alle draglie, come uno straccio appeso ad uno stendipanni!”.
Così la regata lunga procede, tra un esasperante calo di vento, ed un improvviso rinforzo, tra un’ondata che ti coglie senza cerata, ed un sole che spacca le pietre, che invece ti becca tutto infagottato, perché nel frattempo ti sei coperto per affrontare i marosi.
La termoregolazione va a farsi fottere, e così rinunci a cambiarti e rimani vestito da esploratore del polo anche se è giugno, nella cerata, oramai c’è un clima subtropicale, caldo umido, e nelle parti basse, una specie di pappetta che ti auguri non dover tirare fuori per fare pipì, staresti lì a ravanare una buona mezz’ora prima di riuscire a smollare uno striminzito getto.
Nel frattempo, i ritmi circadiani non esistono più, ronfi profondamente alle undici di mattina, alle quattro di notte stai pucciando una banana nell’insalata di riso, o ti stai facendo un panino cotoletta e cioccolato al latte...!!!
Ma si rimane concentrati, e la regata finisce e ricomincia dieci volte, di notte sei convinto che sei ultimo, all’alba, ci si ritrova tutti vicini e forse ce la puoi fare ad ottenere il risultato. Poi lo sconforto, qualcuno chiede “Avete calcolato il tempo massimo?”. questa è la frase che ti fa crollare il morale: vuoi vedere che dopo tutti ‘sti sforzi, con lo stomaco sottosopra e gli arti anchilosati per la posizione in pozzetto, non ce la facciamo a finire la regata?
Ma la regata la finiamo, ed inaspettatamente ci siamo anche piazzati bene, ritorna il sorriso, ora non resta che ormeggiare, ripulire un po’, ed infilarsi sotto la doccia, sperando di non addormentarci mentre ci facciamo lo shampoo.
Sua Maestà il Fastnet
(al Fastnet ed alla regata che lo vede protagonista dedicherò un post a parte)
LA REGATA LUNGA
La vela è un’attività meravigliosa, è uno sport a contatto con la Natura ed è soprattutto un modo per misurarsi con se stessi, gli altri ed il mare.
Fare regate poi, è ancora più entusiasmante perché, in pochi sport, come in questo, ci è data la possibilità di competere contro professionisti o di diventarlo anche in età non più adolescnziale.
L’adrenalina che si produce durante una regata sulle boe è tanta e la tensione a bordo è alta, tutti si sforzano per mantenersi concentrati, e, se tutto andrà bene e la fortuna ci avrà assistito, riusciremo pure a fare il risultato.
C’è però un tipo di regata che merita qualche ragionamento in più, quella regata che molti amano, per il fascino ed il contatto prolungato col mare e con la barca, ma che credo, i più detestino per l’assoluta incertezza del risultato e per lo stress fisico e mentale a cui gli equipaggi sono sottoposti: La Regata Lunga!
Almeno 180 miglia (ma alcune molte di più) a zonzo per il mare cercando di intuire bordi, scandire turni, nutrirsi, cambiarsi e ricambiarsi, riposare (qualcuno ci riesce!!!).
Ma procediamo con ordine: prima di tutto la regata lunga comincia a terra, un giorno prima, con la cambusa, e la preparazione della barca.
I comuni mortali, e non i professionisti che si portano dietro solo barrette energetiche, preparano la cambusa come se dovessero sopravvivere all’olocausto nucleare. C’è sempre qualcuno che ha paura di morire d’inedia tra una virata e l’altra così, giusto per non appesantire la barca, ecco una breve lista di cibarie che un equipaggio di sette, otto persone si porta dietro:
frittata di maccheroni preparata con un uovo per ogni membro dell’equipaggio e almeno 150 gr. di pasta a testa, avete idea di quanto pesa ed il colesterolo dove schizza?
Se l’apporto di carboidrati dovesse essere poco, si sa, i muscoli necessitano zuccheri, si prepara anche un’insalata di riso, che nel migliore dei casi è già porzionata in contenitori di alluminio, cosa che consiglio, se non si vuole riempire il frigo, la dinette, il pozzetto e la sentina di chicchi di riso e giardiniera; pensate alle difficoltà che si incontrano cercando di servirsi, sotto coperta, l’insalata di riso con una forchettina di plastica, col mare formato e 25 nodi di vento? Il più delle volte poi, arrivi a scovare la pietanza in questione, al secondo giorno di regata, quando oramai è gia andata a male ed ha appestato tutto il frigo, che sul fondo ha già di suo, quella melmetta fetida composta da liquidi vari, foglioline di basilico, bucce di banana, grasso di prosciutto ecc ecc...
Passiamo alle proteine. Come la mettiamo col calo del tono muscolare? Quindi vai coi panini prosciutto e formaggio, cotolette, salame piccante...
Un altro problema che assilla i regatanti e soprattutto gli armatori è la disidratazione, quindi, oltre ai 50 litri di liquidi alcolici e non, si imbarcano circa 6 Kg. di banane, mele del Trentino in quantità sufficiente per un’apple pie per 40 persone, arance che basterebbero ad un reggimento. Naturalmente tutta questa frutta rimarrà a fermentare in frigo per tre giorni, col risultato che a fine regata, si estrae dalla ghiacciaia, una busta piena di una poltiglia a metà strada tra una macedonia ed una marmellata.
“E il dolce? le vogliamo portare 10, 15 tavolette di cioccolato? a me solo fondente”, “Io lo voglio pralinato!”, “Io al latte o bianco”....
Ok, la cambusa è fatta, passiamo alla borsa.
Lessi da qualche parte che i velisti neozelandesi portano con loro solo la cerata e lo spazzolino da denti.
E noi?
Indipendentemente dal fatto che la regata si svolga in inverno o in estate, la nostra borsa comprende ricambi quattro stagioni, il tutto raddoppiato.
In questo caso il tattico gioca la sua parte; è lui che consultando il meteo, ci dirà se è prevista pioggia, mare formato, uragani, trombe d’aria...Egli, mantenendosi sul vago ci dirà, inevitabilmente “Ragazzi, ci sono tre previsioni diverse, quindi portatevi un po’ di tutto”.
Qualcuno lo segue alla lettera e prepara un bagaglio da crociera sulla Costa Magnifica, pantofole, veste da camera e pigiama compresi. E li indossano!!!
Così equipaggiati, con la barca che già cede e scricchiola sotto il peso delle cose imbarcate ci si dirige verso la partenza, chi gasato dall’avventura da affrontare, chi, come me, con la morte nel cuore, consapevole che dovrà fare ricorso a tutte le sue risorse per finire la regata in modo umanamente dignitoso.
Inizia la regata, tutti tesi e concentrati, al quarto miglio, il tattico ordina “Voi due, andate a dormire!”. Ma che cazzo gli prende, come faccio a riposare, fa un caldo della madonna, la barca rolla e beccheggia, sottocoperta già si comincia a sentire il puzzo di nafta misto a quello di cibo andato a male, “vacci tu a dormire...io mi faccio tutta una tirata fuori, nel caso dormirò appeso alle draglie, come uno straccio appeso ad uno stendipanni!”.
Così la regata lunga procede, tra un esasperante calo di vento, ed un improvviso rinforzo, tra un’ondata che ti coglie senza cerata, ed un sole che spacca le pietre, che invece ti becca tutto infagottato, perché nel frattempo ti sei coperto per affrontare i marosi.
La termoregolazione va a farsi fottere, e così rinunci a cambiarti e rimani vestito da esploratore del polo anche se è giugno, nella cerata, oramai c’è un clima subtropicale, caldo umido, e nelle parti basse, una specie di pappetta che ti auguri non dover tirare fuori per fare pipì, staresti lì a ravanare una buona mezz’ora prima di riuscire a smollare uno striminzito getto.
Nel frattempo, i ritmi circadiani non esistono più, ronfi profondamente alle undici di mattina, alle quattro di notte stai pucciando una banana nell’insalata di riso, o ti stai facendo un panino cotoletta e cioccolato al latte...!!!
Ma si rimane concentrati, e la regata finisce e ricomincia dieci volte, di notte sei convinto che sei ultimo, all’alba, ci si ritrova tutti vicini e forse ce la puoi fare ad ottenere il risultato. Poi lo sconforto, qualcuno chiede “Avete calcolato il tempo massimo?”. questa è la frase che ti fa crollare il morale: vuoi vedere che dopo tutti ‘sti sforzi, con lo stomaco sottosopra e gli arti anchilosati per la posizione in pozzetto, non ce la facciamo a finire la regata?
Ma la regata la finiamo, ed inaspettatamente ci siamo anche piazzati bene, ritorna il sorriso, ora non resta che ormeggiare, ripulire un po’, ed infilarsi sotto la doccia, sperando di non addormentarci mentre ci facciamo lo shampoo.
Copyright Carlo Olivari
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