lunedì 29 dicembre 2008

Il primo attrezzo

Giusto per collegarmi al post qui sotto, la cernia è stata sfilettata con un coltello "trinciante" forgiato. Non mio, ma che abbiamo regalato ad A.

E' di una famosa ditta italiana di coltelli.

I puristi o i Jap, storceranno il naso, perchè non ho usato uno sfilettatore, o uno di quei coltelli in ceramica o titanio o argento o aria e ozono, ma vi assicuro, se sceglierete il coltello con attenzione, controllandone ergonomia, peso, filo, lunghezza e larghezza della lama, e se vi allenerete a tagliare con quel coltello, ebbene, ci potrete affettare di tutto.

Poi, se assieme al "tranciante" ci volete mettere un "pelucchino" ed uno "scortichino" tanto meglio.

Ma il primo strumento da lavoro sarà inevitabilmente, un coltello di questo tipo.



Pre-resoconto e qualche riflessione (gastronomica)

Che dire, per me il Natale non rappresenta una festa dello spirito.
Più di ogni altra ricorrenza, rappresenta un tuffo nelle tradizioni gastronomiche, un viaggio attraverso esperienze culinarie, qualche volta innovative, insomma un'occasione per soddisfare il corpo. Non è per blasfemia, ma rifuggo dal senso siamo-tutti-più-buoni e mi godo la parte più materiale della festività.

Per non tediare il lettore non mi dilungherò in particolari, se non sotto esplicita richiesta, ma mi limiterò a segnalare alcuni fatti degni di nota, o che a me sono rimasti impressi.

Sarà una semplice lista, per il momento, confortata da qualche chiarimento.
Il primo dei quali è che non ho mai cucinato, se non il 27, e per la cena della Vigilia mi sono limitato ad eseguire le direttive della padrona di casa, e laddove è stato possibile, elargire qualche suggerimento.

1) la Cena della Vigilia è stata una esplorazione nella cucina fusion con un occhio alla tradizione, insomma pesce si, ma in forme e ricette un po' diverse, tranne che per le orate di mare cucinate secondo la legge. Notevoli l'aperitivo di crostini al foi gras con prugne all'Armagnac e il dessert, un babà guarnito con gelato di riso alla cannella, crumbles e anice stellato.

2) il Pranzo di Natale, un vero bagno di tradizione e calorie cilentane.
A tavola alle 14,30. Trenta persone, organizzazione da cucina professionale, un numero abnorme di portate, ma quantità dosate in modo tale che si potesse arrivare a fine pasto con un certo senso di pienezza ma non di malessere.
Una nota su tutte, alle 17,00 è stato servito il capretto alla brace.
Notevoli le pennette gorgonzola e noci ed il pollo ruspante e paesanissimo, semplice, al forno, perfetto e reso ancora migliore dal fatto che sedevo di fronte alla cuoca del pollo in questione. Complimenti alla signora F. che con lucida calma e fattiva operosità ha gestito la situazione come si trattasse di un semplice pranzetto tra intimi.

3) il Pranzo di Santo Stefano. A metà tra la tradizione e l'innovazione. Notevoli il maiale arrosto con composta di mele e patate rosse al forno e la torta ricotta e pere, eseguita secondo le rigide direttive dell'AIReP (Associazione Italiana Ricotta e Pere). Quella è la Torta Ricotta e Pere, tale che se da qualche parte me la propongono, desisto sapendo che non sarà mai quella Ricotta e Pere.

Per motivi che non sto a dire, ma che alcuni di voi possono immaginare, sono mancati, in attesa che la questione la sbrogli io, La Minastra Maritata del giorno di Natale e i Manfredi con Ricotta, naturalmente al Ragù, del giorno di Santo Stefano.

Concludo con il meraviglioso invito arrivato il 25 mattina, da parte degli amici A. e A. per gustare la Cernia pescata da A. e G. con la barca di E., il 27 sera.
L'invito prevedeva che cucinassi io la preda di circa 4 kg.
E così è stato.
Ci rechiamo un po' prima dai nostri amici, per tutta la giornata avevo mentalmente ideato e organizzato la ricetta, DOVEVO creare qualcosa, ma niente che coprisse la freschezza e la delicatezza della cernia.

A. ed S. sono stati ottimi aiuti e consulenti, abbiamo sfilettato tranciato e spolpato lo splendido animale.
Alla fine ne è uscito fuori un primo in bianco, semplice, appena tirato con prosecco, più leggero e meno prepotente di un bianco secco, ed una spruzzata di limone.
Il tutto propedeutico ad un trancio di cernia agli agrumi servito, a parte, con una salsa di finocchio allo zenzero, delicata e fresca.
E' stato un bell'esperimento, ho improvvisato, e, visto che gli amici, benevoli, non mi hanno tirato le pentole dietro, pare che sia anche riuscito.

Naturalmente il tutto non poteva accadere se non ci fosse stata la Cernia meravigliosa, ed anche la prima di una lunga serie, si spera.

Il mio personalissimo tributo all'animale in questione

Quindi, i miei complimenti ed i miei ringraziamenti agli amici G. e A. che l'hanno pescata, a E. che ha messo a disposizione la barca, a S. che mi ha aiutato preparando la salsa di finocchi, a A. che ha preparato una tavola perfetta, aggiungendo e togliendo posti, ma sempre mantenendo la calma, man mano che gli invitati arrivavano o davano forfait, e un po' anche a me che la cernia l'ho cucinata.

Ma sopratutto, una cosa vale su tutte, il sapore dell'amicizia, della stima e dellla sincerità.

P.S.
Se c'è una cosa sulla quale ho riflettuto in questi giorni enogastronomici è questa:

La Cucina è un atto d'Amore,
ed è una cosa seria.






venerdì 19 dicembre 2008

Niente

Non mi piacciono i post brevi, quelli cioè dove viene esposto un semplice pensiero, questo è uno di quelli, ma più che un pensiero, questo è un messaggio rivolto a tutti coloro che si aspettano qualche commento sulle ultime regate trascorse e su quelle che verranno.

Ebbene, non scriverò nulla.

E' meglio per tutti.

Nuova tecnica

La mia nuova tecnica prevede, alla base, un disegno "frammentato", o "frammentario"
del soggetto in questione.

Ho già realizzato qualche opera.

Per non fare torto a nessuno, pubblico, perchè il blog è mio, un autoritratto, a china.




giovedì 18 dicembre 2008

Il problema e la sua soluzione.

Eppure era così semplice, ecco come si pensava di provvedere alla manutenzione stradale in città:


IL PROBLEMA




LA SOLUZIONE

La risposta la diede il Bardo dell'Avon

"... rinnega tuo padre o rifiuta il tuo nome..."

Nelle parole che precedono quelle citate quissù risiede la causa di uno dei grandi problemi della città.

Ah, se gli amministratori studiassero Shakespeare!


A beneficio dei pochi che non ci arrivassero, la soluzione è qui sotto.




mercoledì 17 dicembre 2008

martedì 16 dicembre 2008

Ora Basta.


Questa cosetta ce l'ho sullo stomaco da un po'.
Quindi solo due paroline, concise e chiare.

L'occasione per tirarla fuori me l'ha data un amico che ironizzava, bonariamente, su alcuni risultati conseguiti da un'imbarcazione sulla quale ho regatato.

Prima di continuare, mi preme puntualizzare che non dobbiamo dimostrare a nessuno il palmares dell'imbarcazione in questione, parlano le classifiche e chi vuole, se le va a cercare. E comunque, quando si fanno commenti, e NON mi riferisco all'amico di cui sopra, sarebbe preferibile che si facessero quando ci si è incrociati sui campi di regata in giro per il Mediterraneo, e che i commenti stessi non provenissero da imbarcazioni che, a stento, hanno raggiunto il golfo di Gaeta.
Ed anche che si facessero combattendo ad armi pari e non dal pozzetto di barche "truccate" o, nella migliore delle ipotesi, svuotate completamente.

Andiamo avanti. Ho già scritto che la vela si sta sporcando, sono nell'ambiente da più di 25 anni, e posso dirlo con cognizione. Devo affermare che una certa quantità di "nuovi velisti" sta ulteriormente compromettendo la bellezza del nostro sport.

E dunque corre l'obbligo di fare qualche distinzione,
secondo me.

Esistono innanzitutto i velisti professionisti, in tutto il mondo, quelli che al di là dell'atteggiamento presuntuoso o affabile, sono indiscutibilmente i "mostri sacri" della vela, e ce ne sono di italiani che si fanno valere in tutte le categorie, sia in vela off-shore che in-shore.
E sono quelli, che POSSONO parlare, ma raramente lo fanno. Ne conosco alcuni personalmente, e il loro atteggiamento è assolutamente gradevole.

Poi ci sono tutti gli altri. Tra questi, i meno intelligenti fanno la distinzione tra velisti di serie A e di serie B.
Quelli di serie A sono quei personaggi, che al di là dei meriti sportivi si atteggiano a professionisti, sono presuntuosi, spocchiosi e umanamente inutili. Quelli che, in mare come a terra, credono di essere i depositari della scienza velica, e che tu, che invece mantieni solo un atteggiamento low profile, sei la nullità di serie B.

Mi spiego:
nonostante su questo blog io sia spesso tacciato di snobismo, e non è vero, o di presunzione, e non è vero, il nostro equipaggio è sempre stato molto sobrio nelle sue manifestazioni, a tal punto, che anche i successi passavano inosservati.
Francamente non ci è mai importato niente del giudizio altrui, e abbiamo sempre regatato cercando di cogliere insegnamento dalle vittorie come dalle sconfitte, cercando cioè di andar per mare con uno spirito sportivo, agonistico, ma anche vedendo l'aspetto umano e antropologico delle situazioni che in tanti anni di mare si sono create.

Per noi è stato e sarà così.

Per quelli di serie A, purtroppo, le cose vanno diversamente, il loro atteggiamento è tale, che anche se perdono sembra che abbiano vinto, ma una cosa è certa, per mare ci vanno senza classe, senza storia e senza cultura.

Ripeto, NON mi riferisco all'amico che mi ha dato l'opportunità di questa riflessione, tanto più che ho avuto modo di apprezzarne le qualità (anche se tra un po' lo vedremo alla guida di un taxi giallo).

La vela, è una grande metafora della vita, si vince si perde,
ma non dipende solo da te.
C'è il Mare e c'è il Vento, e poi ci sono gli Uomini, con la U maiuscola.

Degli omuncoli non sappiamo proprio che farcene.

E se adesso mi sono fatto qualche altro nemico,
tanto meglio.

giovedì 11 dicembre 2008

Bei tempi, o solo diversi...

Sarà il tempo, piovoso, sarà l'età, la mia, ma oggi mi sono sorpreso a ricordare nostalgicamente gli inizi della mia attività.

Quindici anni fa, in una grotta, al Parco Margherita, Chiaja, Napoli.

Certo, qualcun altro iniziò la sua attività in una grotta, ed ebbe un bel successo.

Per quanto mi riguarda, non so se ho successo o meno e sicuramente non faccio miracoli, certo è che ora sono in uno studio ai piani alti, panoramico, fisicamente faccio sempre meno, delego, e credo che un po' di strada l'ho fatta, ma ho una grande nostalgia per quel Carlo che, laggiù, tagliava, inchiodava, saldava, pitturava, forgiava.

Era un posto fantastico, 100 mq. di laboratorio e studio. Sottoterra, coi soffitti a volta, con un frigo sempre pieno di bevande, con gli amici che mi venivano a trovare, in continuazione e si svagavano in quella che definivano "la sala dei giochi".

Era molto faticoso, ma quel lavoro era bellissimo.
Con le mani sempre segnate, con la testa sempre impegnata a risolvere problemi tecnici, ed arrivare col cervello dove non arrivava il martello.
Ma era anche il periodo in cui producevo per il gusto di farlo, semplicemente perchè mi andava.
C'era un che di romantico in tutto quel lavoro.

Poi col tempo le cose sono cambiate, ora realizzo personalmente solo su richiesta precisa dei clienti, altrimenti altri lo fanno per me. Il frigo c'è anche qui, sempre pieno, il posto è accogliente, e mi sforzo di mantenere un aspetto romantico e divertente nel mio lavoro.

E la Baia di Napoli è bellissima da quassù.

Però, devo dire, quei tempi mi mancano.

Molto.

C'è chi può e chi non può, G. può...

Nonostante non si possano più imbarcare, in aereo, cibi e cose pericolose come, pensate, una torta di mele, ecco che ieri sera, mai suono di citofono fu più inatteso e piacevolmente sorprendente.

Mi spiego meglio, come avevo già scritto qui, mi ero ormai rassegnato al fatto di dovermi recare per forza in Olanda per gustare la prodigiosa e inimitabile Torta di Mele di Dudok.

E invece capita che un' amica vada nei Paesi Bassi, che passi da Dudok, che compri una Torta di Mele e che soprattutto faccia gli occhi dolci al check-in, che Il mattoncino passi i confini olandesi per giungere a casa nostra.

La nostra amica, intraprendente e dinamica, era l'unica che poteva riuscirci.

Così ieri sera, intorno alle 21,30 squilla il citofono, non senza una certa curiosità vado a rispondere, e ..."sono G., metto una cosa in ascensore..." ed io "macchè, dai sali..." e sorpresa delle sorprese, G. aveva in mano un piatto coperto e ben protetto che conteneva il prezioso e ipercalorico lingotto.

GRANDE!!!

Quindi a G. va il mio personale ringraziamento, per essersi ricordata della Torta, e un in bocca al lupo gigante per tutto il resto.

martedì 9 dicembre 2008

TOTO'

C'è un piccolo privilegio nell'abitare a Napoli.

E' legato a un uomo, non un personaggio, dico proprio un uomo, che è stato, a mio avviso, il migliore nel suo campo, la matrice sulla quale si sono formati molti suoi colleghi, senza però mai arrivare al suo livello.
Parlo del raffinato, elegante, ironico, inarrivabile TOTO'. Non a caso è lincato sul mio blog, alla voce NON C'E' STORIA.

Ebbene, come sempre accade in questo periodo, ed in generale durante le festività, o d'estate, c'è sempre qualche rete Rai, o qualche canale Mediaset che ripropone una retrospettiva sul Principe, o una serie dedicata a LUI.

Su chi come me vive a Napoli, queste trasmissioni non fanno presa.

Le nostre televisioni private, trasmettono sempre, in modo casuale film di TOTO', a qualunque ora, ed in qualsiasi giorno della settimana. Ed è qui che scatta la magia, almeno per me.
I film di TOTO' non si noleggiano, non si comprano, non si aspetta che vengano trasmessi. Nei film di TOTO' ci si deve inciampare.
Intendo dire che facendo zapping capita di fermarti su una qualsivoglia scena di uno dei suoi film, e zap, ti fermi e lo guardi, come la prima volta ma con la consapevolezza di conoscerne le battute, ed allora ti soffermi sulle sfumature, e passate queste, sulle inflessioni, le espressioni, i tempi perfetti, le finte improvvisazioni, l'Arte della risata.

E' strano, ma nessun altro film mi fa quest'effetto, per quanto ci siano film belli che vorresti rivedere, alla seconda volta deve passare un anno o più prima di poterli rivedere. Con TOTO', no. anche se hai appena finito di ridere con una scena, la puoi rivedere e ti fa ridere di nuovo. E' veramente una magia, ripeto, per me, ma è inspiegabile.
Qualunque cosa stiano trasmettendo gli altri canali, se incappo nel film di TOTO', è legge, mi fermo lì, e me lo godo.
E questa cosa è possibile solo se si hanno sintonizzati sul proprio televisore i canali privati che trasmettono i suoi film. Cosa che credo Telealessandria, Telemonza, o Telegallarate difficilmente faranno.

Ripeto, non ho mai comprato o noleggiato un film di TOTO', mai di proposito ho "deciso" di vederlo.

E' LUI che decide per te.

Ed è per questo, ed anche per la stima che porto nei confronti di un uomo difficile ma gentile, superbo ma onesto, che posto queste tre foto, tanto per far comprendere, a chi non lo immagina, che tipo fosse.

Un elegante uomo d'altri tempi.

nel suo salotto


con i suoi amici (come Peppino e Titina, amava gli animali in particolar modo i cani)


a bordo del suo yacht Alcor




sabato 6 dicembre 2008

Fioriere

l'espressione di uno dei leoni di Piazza dei Martiri



Questa cosa ce l'ho sullo stomaco da quando ho visto comparire per la prima volta, in Piazza dei Martiri, le fioriere che delimitano l'isola pedonale. Accadeva circa tre anni fa. e sono ancora lì, e la situazione è anche peggiorata.

A parte che chiudere la piazza al traffico veicolare e chiudere tutta la zona di Chiaja in un momento di cantieri aperti in tutta la città rende la piazza e la zona spettralmente morta.

A parte che io personalmente ho preso almeno 50 multe sulla corsia preferenziale, circolo in moto e i motociclisti sanno cosa vuol dire percorrere il porfido di Via Marina, o meglio, quello che ne resta. Ormai è una sorta di
post Bagdad.

A parte che la suddetta corsia è presidiata da vigilini vari, che sono lì a far rispettare l'ordine, ordine che per incanto non si rispetta più se in città c'è la partita in casa. Allora la corsia diventa veramente la preferita da tutti, per andare nel Catino Rovente di Fuorigrotta. E non è raro vedere scooter con a bordo fino a 4 persone, naturalmente senza casco che a tutta birra vi vengono incontro, o meglio contro, ed allora l'unica è fermarsi ed aspettare che passino. E' la stessa sensazione che dovevano provare i pionieri del Far West, quando con la loro carovana, fatta di un paio di carri, tre cavalli e un mulo, si trovavano di fronte una intera tribù di Indiani a cavallo che scoccavano frecce infiammate.

Con la differenza che quegli indiani lì erano un glorioso e dignitoso popolo.

Ma torniamo alla piazza, ebbene, a testimonianza della città defunta, ecco comparire le fioriere, chi le ha vista non può evitare di pensare a lapidi cimiteriali. Sono dei parallelepipedi della lunghezza di un paio di metri, larghi 50 centimentri, in marmo bianco e bordati da una struttura in ferro grigio antracite.
Sono disposti in fila, accostati gli uni agli altri, come un lungo serpente di tumuli a delineare dove si può e non si può circolare con le auto, quasi il limite tra la vita e la morte.

Sono talmente brutti che non se ne trova traccia in rete, ho provato a postare la foto, ma niente, non l'ho trovata. Tutti coloro che hanno fotografato la Piazza, hanno meticolosamente evitato di inquadrare il cimitero di Chiaja.

Io già non sopporto i divieti, non perchè sia un anarchico sovversivo, ma perchè mi sembra un segno di resa dell'amministrazione, come a dire, "...non siamo riusciti a fare parcheggi, a fornire un servizio di trasporto pubblico adeguato, per cui, fregatevi, niente auto, niente moto, e divieto assoluto"
.
Facile vietare, più difficile progettare e fornire servizi.

Non voglio parlare dello scempio della Villa Comunale, dalla recinzione riciclata progettualmente e passata alla cittadinanza come originale, agli chalet che sembrano quelli della Play Mobil, ma assemblati coi piedi. L'arredo urbano della città è assolutamente inappropriato e verosimilmente inguardabile.

Almeno per me.

venerdì 5 dicembre 2008

Sono stato prodiere di Straulino #6

Era da un po' che non scrivevo per la serie S.S.P.D.S.

Ma mi è venuta in mente una cosetta che merita di essere raccontata.
E' un affettuoso ricordo di un caro amico col quale non regato più, ma che ha fatto si che il nostro gruppo si sia formato nel rispetto e nell'amicizia.
A lui è dedicato questo post.

Una domenica di Febbraio di qualche anno fa.
E' mattina presto al Reale Yachting Club Canottieri Savoia, a essere precisi, è una mattina di regata, di quelle mattine fredde e piovose, nelle quali già indossi la cerata mentre armi la barca.
A bordo ci siamo tutti, manca solo l'armatore, in quel clima di eccitazione e tensione pre regata armiamo la barca, nonostatnte piova e le mani già si sono gelate.
Per comodità avviciniamo la barca al pontile mollando l'ormeggio di prua e lasciamo semplicemente "appoggiata" sulla bitta di poppa la barbetta, o meglio, non era nostra intenzione farlo, ma quando la sera prima hai fatto tardi e la mattina dopo sei costretto ad una levataccia per via del nostro splendido sport, allora accade che il corpo sia sveglio, ma il cervello sta ancora avviandosi, con una certa calma, senza fretta. Così, la barbetta di poppa rimane semplicemente "appoggiata" visto che gli altri tre neuroni già svegli erano tutti concentrati a passare il circuito di spi.
Ad un tratto la pioggia aumenta notevolmente, e per evitare di inzupparci completamente già in porto, scendiamo tutti sotto coperta aspettando che spiova e, naturalmente aspettando l'armatore.
Ed eccolo lì, vestito da te pomeridiano, col suo immancabile sacco pieno di quotidiani, riviste, agende e quant'altro contribuisca a conferire al sacco stesso un certo rilevante peso specifico.
Così sbilanciato e col passo svelto per via della pioggia, il nostro amico afferra una delle cime di poppa per tirare la barca a se e salire a bordo. Questa parte è frutto di un'accurata ricostruzione dei fatti, giacchè la nostra testimonianza oculare comincia dal momento in cui sentiamo il TONFO.
Già, perchè naturalmente egli afferra la cima sbagliata, fa per tirare con tutte le forze disponibili a quell'ora di mattina e.....................la barca non viene, lo slancio è parecchio, sufficiente a farlo cadere in acqua dall'altra parte del pontile, centrando in pieno lo spazio di mare, fortunatamente libero, tra le poppe di due imbarcazioni ormeggiate al pontile stesso.
Sentito il TONFO, ci precipitiamo fuori e balziamo sul pontile per controllare cosa fosse stato. Ed è in quel preciso momento che vediamo il nostro amico, in evidente stato di shock, ma con i giornali strettamente sotto il braccio, che cerca di guadagnare il pontile. Lo aiutiamo, lo scortiamo negli spogliatoi e lo buttiamo, ancora vestito, sotto la doccia bollente. Nel frattempo, la regata incombeva, e mentre cominciavamo le operazioni di disormeggio, a turno andavamo a controllare come stesse la faccenda negli spogliatoi.
Così, giusto per sincerarmi che il nostro amico stesse bene e che potessimo prendere la partenza senza preoccuparci del suo stato di salute, entro negli spogliatoi ed ecco quello che vedo.
L'armatore che si veste con abiti asciutti e caldi che mi ringrazia convinto che quei vestiti glie li avessi portati io, e un altro socio del circolo, in mutande che guarda il nostro amico vestirsi, ma lo guarda con una certa apprensione e curiosità. E' chiaro che a questo punto mi nasce spontanea la domanda che rivolgo al consocio in mutande " Tutto a posto? le serve qualcosa?" la risposta, non priva di una velata ironia, fu "Si, per la verità rivorrei i miei vestiti".

Chiarita la situazione e fatto ordine su cosa appartenesse a chi, il nostro amico mette addosso l'unica cosa asciutta che gli rimaneva, la cerata.

Quello che mi piace di questa storia è l'apparente calma dei protagonisti. L'armatore, neanche per un secondo si indigna o si incavola con noi per la "dimenticanza", e questo gli rende onore, mentre il consocio in mutande, rimane imperturbabile di fronte al fatto che qualcuno, con naturalezza si veste coi suoi abiti.

Ma un'altra cosa mi è rimasta impressa di quella fredda domenica di Febbraio. Tornando vittoriosi dalla regata, ed entrando in porto, vedemmo il nostro amico, ancora in cerata e con gli immancabili quotidiani sotto il braccio che ci salutava compiaciuto dal pontile.
Aveva deciso di prendersi una bella mattinata di relax, a farsi coccolare dalla tranquilla atmosfera del circolo, leggendo i suoi giornali senza nessuno che gli rompesse le scatole.
Contenti del risultato, ma ancora di più per il fatto che non serbava nessun rancore nei nostri confronti veniamo invitati a pranzo.
Non c'è niente di meglio di un pranzo tra amici dopo una regata dura e fredda.

Ce lo godemmo proprio quel pranzo.

Nel frattempo era uscito il sole, quel sole che rende terse le giornate invernali,
e che vorresti non tramontasse mai.




Una buona notizia...

... almeno per me.

Sto progettando l'immagine coordinata per una socieà che si occupa di event management. (appena approvato il logo, lo vedrete postato qui).

Era da tempo che non avevo come referenti persone con un alto livello di attenzione, una precisa e semplice proprietà di linguaggio, ed una puntualità fuori dal comune.

Della serie: quando lavorare pesa un po' meno.

P.S. Apprezzo molto che nelle riunioni si spengano i telefoni cellulari o, almeno, si abbassino le suonerie e si risponda solo se strettamente necessario.
ritengo che chi sia lì, di persona, abbia diritto alla precedenza nella comunicazione.

Odio essere interrotto dal mio ascoltatore con quel "... scusa, il cellulare...".

Ma come, io sono li personalmente a parlarti, mi sforzo di individuare un canale preferenziale di comunicazione, e tu, dai precedenza all' amico al cellulare?


giovedì 4 dicembre 2008

Che peccato

Quando decisi di aprire un blog, circa un anno fa, lo feci con l'intenzione di scriverci qualcosa che attenesse all'arte, alla gastronomia, alla vela. cercnado di farlo in modo semplice, con una punta di ironia.

Col passare del tempo, purtroppo, questo blog è diventato uno spiacevole luogo di sfogo.
Spiacevole perchè, nonostante mi sforzi di trovare qualcosa di buono di cui scrivere, mi ritrovo inevitabilmente a criticare, descrivere e dire cose che, seppur attinenti agli argomenti del blog, proprio non vanno.

Allora mi comincio a chiedere, le cose davvero non vanno oppure sono diventato
completamente intollerante?

Intendo dire che non trovo più argomenti di piacevole discussione, e tutto, anche le cose "normali", diventano una piacevole positiva novità in un andamento piuttosto avvilente delle cose.

Insomma, forse per mia predisposizione d'animo, e un po' per l'effettiva qualità delle "cose", questo blog si è andato trasformando per strada.

E mi dispiace.






Per fortuna


Questo post è rivolto ai fruitori di televisione satellitare

Per fortuna ho poco tempo, per fortuna mi piace leggere, per fortuna vado in barca.

Per questo guardo poco la tv. Non pochissimo, ma abbastanza poco da non sentire, eventualmente, la mancanza della tv satellitare.

Cioè, se anche la togliessero di mezzo non lo considererei un gran danno.

Continuo a considerarlo un piccolo lusso, e quindi il disagio di chi dovrà adeguarsi all'aliquota IVA al 20%, tutto sommato non lo vedo.

Naturalmente, se tutti devono avere la tv satellitare, allora che sia gratuita.

Oppure, per cortesia, che nessuno si lamenti se per l'assoluto superfluo si dovra sborsare qualche euro in più.


martedì 2 dicembre 2008

Fate attenzione

Io proprio non so chi me lo fa fare.

Sarà che, come spesso ho detto, due sono le categorie da difendere, animali e bambini,
sarà che incontro sempre più gente che mi dice di iscrivermi a Facebook, così posso vedere le foto dei loro bambini,
o non so cosa sarà, ma mi vedo costretto a ricordare a tutti coloro che bazzicano i social network e la rete, che il web è pieno di gente nella migliore delle ipotesi, strana, e pubblicare foto di bambini, con tanto di nomi e cognomi, non giova alla lotta contro la pedofilia.

Rifletteteci, e poi, fate come vi pare.


Aggiungo anche che pare che violare una password, per questi malintenzionati, sia un gioco da ragazzi.



lunedì 1 dicembre 2008

Tanto tuonò...

Devo premettere che non volevo che questo blog diventasse quello che, purtroppo,
sta diventando.




Ieri, per il troppo mare, che da ponente a libeccio andava montando sempre più, il comitato di regata non è riuscito a dare la partenza della terza prova del Campionato Invernale della V Zona. Intelligenza su A, che nel linguaggio delle bandiere significa appunto A casa.
Ma noi a casa non ci siamo andati, e mi sono lasciato trascinare in quel supermercato della "cultura" che è la libreria la Taldeitali. Premesso che era da tempo che non vi mettevo piede, e un motivo ci sarà stato, sono entrato non senza una certa ritrosia.
Eviterò il luogo comune, purtroppo vero, che l'avvento di questi megastore, abbia distrutto le piccole librerie, ma soprattutto il rapporto che poteva esistere tra lettore e libraio, e cercherò di spiegare perchè non ci entravo da tempo.

Premetto che non sono un grande lettore, nel senso che difficilmente mi vedrete con una pila di libri sotto il braccio, ma che leggo con una certa assiduità, meno di quanto vorrei, perchè sono lento, non perchè non sappia leggere, ma per la mancanza di tempo.

Proprio per questa ragione, a volte mi è capitato di richiedere agli sprovveduti commessi dei libri che non fossero dei classici o dei best seller del momento e che non una volta li abbia trovati, "...signore, deve ordinarli, lasciare un acconto, poi la chiamiamo noi, ma sa, è un autore poco conosciuto, non so se lo troveremo..." insomma tutte quelle cose che ti fanno passare la voglia.

Senza contare che quando vi entri, ne
la Qualunquelli, sei sopraffatto da una serie di articoli che niente hanno a che fare con i libri. Quelli ci sono, ma quasi un accessorio alla miriade di oggetti come calendari, T shirt, agendine, pennine, matitine, rubrichine, pupazzettini e ...bulbi floreali (!?!?). A parte che se mi servivano dei fiori andavo dal fiorista, e che per me la libreria è la libreria, e se voglio comprare dei dischi vado in una discoteca, vorrei attrarre la vostra attenzione sulla assoluta nullità del luogo. Il 70% dei libri esposti al piano terra sono gli stessi di quelli posti al piano secondo, per cui nella metà dello spazio c'entrerebbero gli stessi titoli.

Ancora, non sarete mai nella possibilità di parlare con qualcuno degli addetti che sia consapevole di lavorare in una libreria, sono sempre troppo presi dal mettere in ordine dischi, dvd, quotidiani, tazzine da caffè, e tutto quanto viene messo in disordine dai bambini che, nella sezione a loro dedicata, urlano e strepitano in cerca della mamma che li ha parcheggiati lì, per andare a cercare qualche regalino di Natale, vedi pennine, agendine e Co o ... bulbi.

Alla fine di questo girone dantesco riesco a trovare due libri che avrei voluto leggere, e non a caso, uno di questi è "Quel che resta del giorno": solo nel caos e nella volgarità ti viene voglia di leggere in un linguaggio raffinato, perfetto, mai lezioso e scritto esattamente con le parole che ci vogliono.

Con la stessa sensazione che si ha in autogrill dribblando salami e pane carasau, schivando bambini infuriati e pupazzi di peluche, sono arrivato alla cassa.

Naturalmente la coda è lunga, ma almeno ordinata.
Attendo diligentemente che appaia il numero della cassa libera e, neanche il tempo di alzare lo sguardo sul display, che la voce isterica e scortese di una delle cassiere mi ordina di procedere al pagamento presso di lei.
Frettolosamente passa i miei volumi sotto il lettore del codice a barre, produce lo scontrino della carta di credito, e, alla mia esitazione, lo stavo solo controllando, mi dice "..lo deve firmare!". E che non lo so? Stavo solo controllando che il conto fosse giusto, e non lo era. Firmo e rimostro che il conto non era giusto, la pazza isterica mi rende la differenza, ma nemmeno per un attimo le passa per la mente che un gentile cenno di scuse, o un atteggiamento un pelino più cordiale sarebbe stato gradito.

Se a
la Isterichelli stanno già cosi combinati ad un mese da Natale, consiglio loro di fornirsi di uno staff di psicologi per aiutare i propri collaboratori, o ancora meglio, in un'ottica meno speculativa, che li scegliessero più qualificati.

Si dice "il pesce puzza dalla testa".
E temo sia proprio ciò che accade,
nel supermercato del qualunquismo.