venerdì 5 dicembre 2008

Sono stato prodiere di Straulino #6

Era da un po' che non scrivevo per la serie S.S.P.D.S.

Ma mi è venuta in mente una cosetta che merita di essere raccontata.
E' un affettuoso ricordo di un caro amico col quale non regato più, ma che ha fatto si che il nostro gruppo si sia formato nel rispetto e nell'amicizia.
A lui è dedicato questo post.

Una domenica di Febbraio di qualche anno fa.
E' mattina presto al Reale Yachting Club Canottieri Savoia, a essere precisi, è una mattina di regata, di quelle mattine fredde e piovose, nelle quali già indossi la cerata mentre armi la barca.
A bordo ci siamo tutti, manca solo l'armatore, in quel clima di eccitazione e tensione pre regata armiamo la barca, nonostatnte piova e le mani già si sono gelate.
Per comodità avviciniamo la barca al pontile mollando l'ormeggio di prua e lasciamo semplicemente "appoggiata" sulla bitta di poppa la barbetta, o meglio, non era nostra intenzione farlo, ma quando la sera prima hai fatto tardi e la mattina dopo sei costretto ad una levataccia per via del nostro splendido sport, allora accade che il corpo sia sveglio, ma il cervello sta ancora avviandosi, con una certa calma, senza fretta. Così, la barbetta di poppa rimane semplicemente "appoggiata" visto che gli altri tre neuroni già svegli erano tutti concentrati a passare il circuito di spi.
Ad un tratto la pioggia aumenta notevolmente, e per evitare di inzupparci completamente già in porto, scendiamo tutti sotto coperta aspettando che spiova e, naturalmente aspettando l'armatore.
Ed eccolo lì, vestito da te pomeridiano, col suo immancabile sacco pieno di quotidiani, riviste, agende e quant'altro contribuisca a conferire al sacco stesso un certo rilevante peso specifico.
Così sbilanciato e col passo svelto per via della pioggia, il nostro amico afferra una delle cime di poppa per tirare la barca a se e salire a bordo. Questa parte è frutto di un'accurata ricostruzione dei fatti, giacchè la nostra testimonianza oculare comincia dal momento in cui sentiamo il TONFO.
Già, perchè naturalmente egli afferra la cima sbagliata, fa per tirare con tutte le forze disponibili a quell'ora di mattina e.....................la barca non viene, lo slancio è parecchio, sufficiente a farlo cadere in acqua dall'altra parte del pontile, centrando in pieno lo spazio di mare, fortunatamente libero, tra le poppe di due imbarcazioni ormeggiate al pontile stesso.
Sentito il TONFO, ci precipitiamo fuori e balziamo sul pontile per controllare cosa fosse stato. Ed è in quel preciso momento che vediamo il nostro amico, in evidente stato di shock, ma con i giornali strettamente sotto il braccio, che cerca di guadagnare il pontile. Lo aiutiamo, lo scortiamo negli spogliatoi e lo buttiamo, ancora vestito, sotto la doccia bollente. Nel frattempo, la regata incombeva, e mentre cominciavamo le operazioni di disormeggio, a turno andavamo a controllare come stesse la faccenda negli spogliatoi.
Così, giusto per sincerarmi che il nostro amico stesse bene e che potessimo prendere la partenza senza preoccuparci del suo stato di salute, entro negli spogliatoi ed ecco quello che vedo.
L'armatore che si veste con abiti asciutti e caldi che mi ringrazia convinto che quei vestiti glie li avessi portati io, e un altro socio del circolo, in mutande che guarda il nostro amico vestirsi, ma lo guarda con una certa apprensione e curiosità. E' chiaro che a questo punto mi nasce spontanea la domanda che rivolgo al consocio in mutande " Tutto a posto? le serve qualcosa?" la risposta, non priva di una velata ironia, fu "Si, per la verità rivorrei i miei vestiti".

Chiarita la situazione e fatto ordine su cosa appartenesse a chi, il nostro amico mette addosso l'unica cosa asciutta che gli rimaneva, la cerata.

Quello che mi piace di questa storia è l'apparente calma dei protagonisti. L'armatore, neanche per un secondo si indigna o si incavola con noi per la "dimenticanza", e questo gli rende onore, mentre il consocio in mutande, rimane imperturbabile di fronte al fatto che qualcuno, con naturalezza si veste coi suoi abiti.

Ma un'altra cosa mi è rimasta impressa di quella fredda domenica di Febbraio. Tornando vittoriosi dalla regata, ed entrando in porto, vedemmo il nostro amico, ancora in cerata e con gli immancabili quotidiani sotto il braccio che ci salutava compiaciuto dal pontile.
Aveva deciso di prendersi una bella mattinata di relax, a farsi coccolare dalla tranquilla atmosfera del circolo, leggendo i suoi giornali senza nessuno che gli rompesse le scatole.
Contenti del risultato, ma ancora di più per il fatto che non serbava nessun rancore nei nostri confronti veniamo invitati a pranzo.
Non c'è niente di meglio di un pranzo tra amici dopo una regata dura e fredda.

Ce lo godemmo proprio quel pranzo.

Nel frattempo era uscito il sole, quel sole che rende terse le giornate invernali,
e che vorresti non tramontasse mai.




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