lunedì 30 marzo 2009

Niente da 0 o meglio, nulla da 270.

La prima del campionato primaverile della lega è andata, ma solo perchè eravamo in mare e abbiamo vinto in reale su tutti, ma è poca cosa, non abbiamo avversari. Il fatto è che siamo arrivati a Procida e immediatamente siamo piombati in un'altra dimensione. Non dico come in un film di Burton, troppo poetici, direi come in un film di Gillian, dove tutto quello che è strano c'è, per poi arrivare alla conclusione che la stranezza fa parte della vita e che solo chi ha principi solidi e puliti ne esce fuori più o meno integro.

Procedo con ordine, la regata c'è stata ma nessuno se ne è accorto, la Lega non ha provveduto alle classifiche, nè tanto meno alla premiazione, un passaparola ci ha fatto pervenire che sulla pericolante passerella in legno della Lega Navale a Procida si teneva un rinfresco e ci siamo andati, e lì abbiamo assistito alla felliniana scena di un assessore a non so che cosa, che con toni assolutamente non consoni, accusava i regatanti di essere dei paurosi imbecilli e che avrebbero fatto meglio a rimanere a casa anzichè creare scompiglio nel disorganizzato porto nuovo dell'isola che non c'è.

Vado avanti, con assoluta leggerezza, gli organizzatori della regata, fregandosene altamente del fatto che tutti noi eravamo lì a fare sport e ad impegnarci, non hanno ritenuto opportuno comunicare alcunchè circa risultati e premiazioni fantasma. Scandaloso ed offensivo comportamento verso la gente di mare.

Ancora una volta è stata dimostrata una certa inefficienza dell'organizzazione napoletana.

Passiamo ora al prosieguo dell'allegro weekend procidano. Con uno scirocco che soffiava a 30 nodi e una pioggia
sabbiosa quanto seccante siamo andati a cena e poi a dormire. WOW!!!

Ed ecco cosa ho imparato in questo breve lasso di tempo.

1- Se andate a mangiare in 25, mangerete male, e l'unica cosa commestibile la fornisce una ditta che rimanda ad un cantante dei bei tempi passati.
A proposito dei bei tempi passati, dove sono andati a finire tutti coloro che hanno fatto della vela napoletana un vanto, cedendo poi il passo a chi ne sta facendo uno scempio? A mare come a terra. Siamo nell'era dell'analfabetismo marinaro.
2- I conoscenti sembrano più amici degli amici.
3- Gli amici non sono così tanto amici tra di loro.
4- L'atteggiamento easy, o per così dire informale, non deve prescindere mai dall'educazione.
5- Tutti ci prendiamo troppo ma proprio troppo sul serio. Me per primo, o meglio, me per secondo.
6- Ci sono troppi "professionisti" che fino a ieri zappavano la terra. L'unico che lo poteva fare era VITO DUMAS.
7- Le vele di prua si cambiano con l'aumentare del vento per avere un rendimento migliore, o meglio, per generare una velocita maggiore, non per preservare le vele. Grazie a chi mi ha spiegato questa difficile equazione.
8- La barca a vela, in quanto tale, non avanza senza vento, cioè è ferma.
9- Se avete il timone a barra, per andare a dritta lo dovete portare a sinistra e viceversa, per intenderci come sui gommoni, bha e che vuol dire?

Dopo trent'anni c'è sempre da imparare...

E mi fermo qui, perchè ho scritto anche troppo di qualcosa che ci doveva essere e non ci è stato, di una non regata, un non ristorante, di un non week end.

Dedico comunque questo post a chi con me ha cercato di intravedere sole mare e onde in queste giornate di scirocco, in tutti i sensi.

P.S. Meno male che a tranquillizzarmi c'è il Mare, l'unica certezza.

... in attesa della diretta settimanale...

venerdì 27 marzo 2009

Ile de la Réunion

Ho detto mille volte che due categorie non si toccano.

MAI E PER NESSUN MOTIVO.
Bambini e Animali e non necessariamente in questo ordine.

Non partecipo a gruppi su social network nè mi piace condividere battaglie popolari.

Ma dal mio blog faccio sentire la mia voce.

Allora, viste le notizie e le immagini che giungono dal web e non solo mi viene da dire che l'Ile de la Réunion fa schifo.

Per ora mi mantengo calmo perchè non mi va di avere un calo di stile.

Ma li sto trattando bene, dovrei essere molto più violento e volgare contro questi bastardi ( e mi riferisco agli esseri dis-umani che popolano l'isola ).

ANDATE QUI E FATE IL VOSTRO DOVERE.
GRAZIE!

lunedì 23 marzo 2009

Molecole di... bho?

Ne ho già scritto qui, e non mi voglio ripetere.



Non sono mai stato a El Bulli e credo che non ci andrò mai, pur volendo, e pur essendo attratto da quest'esperienza. Che probabilmente non è cucina, non è gastronomia e nemmeno cibo. Ma non posso dire nulla perchè non ho provato, non ho visto, non ho assaggiato nè saggiato.



So che la cosa mi attira per curiosità, ma la cucina è un'altra cosa.
Tant'è, che alla domanda "cosa ne pensa delle tradizioni culinarie?" Ferran Adrià ha risposto che sono importanti e che bisogna tenerle presenti per adeguare al gusto di una certa nazione un prodotto come una caipirinha, per sempio. Ecco che il più grande cuoco del mondo (e io non lo credo) commette l'errore. Lo commette nel momento in cui viene interrogato su una cosa che, adesso, è lontana da lui, la cucina. Un piatto, una pietanza, un drink, è quello e basta, non va adeguato a nessun gusto. Non aggiungerei ketchup ad un Ragù napoletano per farlo piacere agli americani, tantomeno metterei delle lumache in un Martini per lusingare il pubblico francese.

Ho avuto l'impressione che si prendesse un pelino troppo sul serio, "... gli chef, lontano dalle cucine dei ristoranti, sono persone normali...".

Io credo che siano tutti persone normali, la creatività è un'altra cosa, ma non fa dei creativi degli extraterrestri.

Poi c'è il genio, ma questo lasciamolo a Leonardo, a Pablo, forse a Vatel, a Michelangelo, a Caravaggio.

Ma per piacere, Ferran, anche se sei impegnato fino al 2012 e servi solo 8000 coperti in sei mesi, resta con i piedi per terra.

P.S. Tanto di cappello (da chef) a chi da lavapiatti è diventato quello che è.
Per approfondimenti almeno visivi andate qui.


giovedì 19 marzo 2009

Fuori tema blog

In questo blog non si parla di musica, o almeno se ne parla poco, ma, appunto, fuori tema ecco cosa è successo.

Camminando per Via Chiaja, stamane, abbastanza presto, mi sono imbattuto in un personaggio singolare, un musicista di strada che accordava con amore ed attenzione questo strumento


E' il Tambal, o se volete il Cimbalom, o ancora Cimbalo Ungherese. Meglio
ancora Dulcimer, nome che ben identifica il suono di questo strumento.

Suono dolce e nostalgico, eseguito in modo passionale e accorato da un musicista preparato e ancora non smaliziato dalla città e da chi gli impone di suonare classici della canzone napoletana con strumenti tradizionali di altre culture.

Sono rimasto colpito dalla assoluta ingenuità di quest'uomo che non ha voluto interrompere l'esecuzione della sua melodia quando i passanti gli porgevano delle monete.

Sono rimasto lì ad ascoltare, ho capito, ho atteso e, solo alla fine, ho pagato.

Non elemosina, ma giusto prezzo per un inatteso evento musicale.


Ed è un'immagine anche questa.

martedì 17 marzo 2009

L'ennesima porcata



Scusate, la fretta mi ha fatto fare un pessimo lavoro di grafica, ma credo renda l'idea.


La baia di Napoli è stata, domenica scorsa, teatro dell'ennesima porcata consumata ai danni di chi per mare ci va nel rispetto delle regole.

Non mi dilungherò, chi legge sa già, e quello che scrivo è a totale soddisfazione e beneficio di chi è al corrente della porcata.

Eravamo tutti in mare per la kermesse della vela napoletana, per quell'evento che porta in acqua velisti di tutte le categorie e di ogni livello, diciamo così. Noi c'eravamo, a dimostrare la nostra passione per il mare e per le sue
imprescindibili leggi, ma anche la passione per la vela e le sue regole.

Se festa della Vela deve essere, che lo sia nel rispetto dei regolamenti di regata, delle istruzioni e del codice della navigazione.

Inutile dire che così non è stato, noi abbiamo vinto regatando bene e regolarmente, altri hanno vinto barando e dichiarando il falso. Sarà anche una festa, ma fa gioco a tutti salire sul palco del Nauticsud e prendersi il premio, fa comodo perchè la visibilità fa bene agli sponsor che dovrebbero sapere quanto certi risultati siano offensivi per la gente di mare e per gli sponsor stessi.

E mi fermo qui.

Ma veramente non c'è più gusto.

Come sempre, e questa volta con una piccola aggiunta, dedico questo post a chi con me ha vissuto una giornata di vento, sole, mare e... correttezza.

giovedì 5 marzo 2009

In caso di pioggia...

Mai vista tanta pioggia come quest'anno.
Ore, se uno abitasse a Londra sarebbe anche normale, per quanto lì, la maggioranza delle volte, piova una sottile bruma, che quasi non ti bagna, una pioggia sottile che non ti costringe a ripararti da quei goccioloni che percorrendo i cornicioni ti bagnano e sporcano fastidiosamente.

Invece stiamo qui, a Napoli, dove la pioggia è un evento raro, sporadico, inaspettato, soprattutto se siamo troppo impegnati a mangiare una pizza o meglio, a suonare il mandolino.

Comunque sia, sono un uomo di mare, e la pioggia non mi da fastidio, ammetto un po' si, ma non per mare. E odio gli ombrelli, al più mi riparo con un cappello.

Però dico, che se proprio dovessi comprare un ombrello lo cercherei di buona qualità, magari artigianale, magari uno di quelli che Mario Talarico produce in città.



Insomma, non una porcheria cinese che al primo colpo di vento si piega, si deforma, perde le stecche e vi lascia senza riparo e con l'ennesimo rifiuto speciale da smaltire. Inevitabilmente i marciapiedi si riempiono di questi cadaveri di tela e metallo.



Un oggetto da curare, che non si sgretoli, con 10 stecche, e mai, dico mai, uno di quelli peghevoli.

L'ombrello pieghevole è un oggetto orribile, molto amato dalle donne. Non mi importa della comodità, è un obrobrio, sopratutto se portato chiuso ma non ripiegato, come un abnorme fiore spampanato e a testa in giù che gronda acqua sulle scarpe degli altri. Niente di più sgradevole che vedere una donna che si trascina in un luogo pubblico con quell'appendice informe appesa a un braccio.


Non dico che uno debba andare nel tempio di James Smith & Sons, che di ombrelli se ne intendono, ma almeno che ci si procuri un parapioggia di qualità, con il duplice scopo di ripararsi sul serio e, avendo un oggetto di pregio, di non dimenticarlo ovunque.

Per non parlare di chi l'ombrello lo abbina alle caloshe colorate. Insopportabili.

Ricordo a tutti, me per primo che la pioggia è acqua.

Solo acqua.

E come mi dice qualcuno "...se piove, vestiti di chiaro".


lunedì 2 marzo 2009

Discrepanze

Da gastronomo e da appassionato fondamentalista del cibo sto collezionando una certa quantità di materiale riguardo l'argomento.

Capita con i libri, sia quelli puramente di ricette, ma anche con le biografie di cuochi e cuoche.

Naturalmente capita anche con i film. Alcuni capisaldi come "Big Night", "Il Pranzo di Babette", "Il Cuoco, il Ladro, sua Moglie e l'Amante" ecc ecc...

In tutti i film che sto collezionando si nota una certa passione per la cucina, un amore per il cibo, per le "cose" che lo riguardano, credo che per chiarire cosa voglio dire basta citare la scena finale di "Big Night" in cui Stanley Tucci prepara una semplicissima frittata nella cucina del ristorante che era stato il teatro di una elaborata e colossale cena, o la meticolosità della preparazione delle Cailles en
sarcofage
che Babette elabora per il suo Pranzo.
E concludo con la paranoica ripetitività dei movimenti del cuoco deputato alla preparazione dei fondi in "Il Cuoco, il Ladro, sua Moglie e l'Amante"
Se volete andatevele a vedere. In ognuna di queste scene troverete l'essenza del cibo e della passione. Cucinare bene è prendersi cura, gli anglofili direbbero "taking care". Pensate alla cottura del TIMPANO di maccheroni, è come attendere una creatura sovrumana che sarà in grado di regalarci splendide emozioni quando avrà finito di cuocere nella rovente oscurità del forno.

Ok, mi sono lasciato prendere un po' la mano...

L'altra sera però, ci è capitato di vedere "Sapori e Dissapori", remake di "Bella Martha" di Sandra Nettelbeck.

Sapori e Dissapori è con Catherine Zeta Jones. Ebbene, nessun ruolo è più distante dall'attrice quanto quello di chef di un ristorante.
L'assoluta mancanza di manualità, lo scostante atteggiamento nei confronti del cibo e quell'arietta da signorina di periferia inspegabilmente assurta ai quartieri alti rendono la pellicola non credibile, il personaggio fastidiosamente irritante e le scene di cucina, quelle relative alla "linea" di un ristorante da 80 coperti, quantomeno risibili.

Non dico che tutto debba essere come viene descritto in "Kitchen confidential" di A. Bourdain, ma niente di lontanamente simile. Una sdolcinata commedia dove, se i protagonisti avessero gestito una lavanderia, la differenza non si sarebbe notata.

Ripeto, il cibo è una cosa troppo seria ed è un atto d'amore, verso gli altri e verso se stessi.

Tutto il resto è semplice sostentamento.