lunedì 26 gennaio 2009

La "Scienza" del Comitato di Regata.


Avevo detto che non avrei scritto più delle regate in corso, ma questa ve la devo raccontare.

Questo Invernale napoletano, e sottolineo "questo", è funestato dal fatto che il Geriatrico Comitato di Regata sta posizionando campi di regata folli, con poca competenza e in modo assolutamente disinteressato alla necessità dei regatanti, che è quella di disputare una regata che sia composta da una bolina, una poppa, un'altra bolina, un' altra poppa ed uno "stocchetto finale" che porta all'arrivo di lasco stretto o di bolina larga. E' una cosa semplice, e una pretesa leggittima.

Invece no, non per i "matterelli" della V Zona.

Non una volta che venga posizionata una linea di partenza in modo corretto, non una volta che annullino una regata per condizioni impossibili, cioè continui salti di vento, in direzione ed intensità.

Sono troppo presi dal completare il maggior numero di prove per preoccuparsi del fatto che per mare ci siamo noi, che prendiamo la cosa molto seriamente.

Ieri, tralasciando il fatto che è accaduto tutto ciò che ho descritto sopra ed aggiungendo che c'era un'onda lunga e alta che senza vento rendeva molto difficile la navigazione a vela, il risultato di tanta strafottenza è stato che il 50% delle imbarcazioni è giunto all'arrivo fuori tempo massimo, e che quelle che ci sono arrivate lo hanno fatto in modo paradossale.

Era una situazione da filmare, alcuni hanno tagliato di traverso, altri di poppa, e non mi riferisco alle andature ma alle parti dell'imbarcazione che per prime tagliavano la linea, altre sono rimaste per una buona mezz'ora a beccheggiare e rollare a pochi metri dall'arrivo, e si è visto di tutto, velisti in tuta nera da mimo che autoproducevano spettacoli degni del miglior Marcel Marceau, equipaggi con scarpette da ballo che hanno messo in scena "Il lago dei Cigni", qualcuno faceva carena, altri hanno messo su un quartetto d'archi, altri ancora raccoglievano firme per l'abolizione della tassa sulla spazzatura.

Questo paradossale circo di matti è esattamente quello che succede quando nessuno si assume le proprie responsabilità.

E noi lì, sempre troppo occupati nella vita civile, per protestare e mandare a casa questa vecchia generazione di "Prodieri di Straulino".



Come ho già scritto altrove, la vela è una metafora della vita, e la vela napoletana rispecchia esattamente la città.

E' approssimativa, caotica, ignorante e presuntuosa.

Fatte salve poche, rarissime eccezioni, come per la città.

Come sempre dedico questo post a quanti con me hanno vissuto un'altra giornata di mare, vento e onde.


giovedì 22 gennaio 2009

Ah, che soddisfazione!

Ieri sera, a cena...


Regola del tre: 3 min. per lato.
E' una cosa semplice ma molto molto seria.

Mai rigirarla in continuazione, è un fatto fisico, quando adagiate la fetta sulla griglia e la lasciate lì succede che per capillarità i succhi interni tenderanno a salire sulla faccia esposta all'aria, la carne diventa lucida, ed in quel momento la voltate dall'altra parte, così che i succhi interni rimangano tali.
Se la "disturbate" in continuazione otterrete l'effetto di farla piangere, disperdendo le sue lacrime sulla brace.

I puristi la vogliono così, niente olio, niente sale e niente pepe, nè prima nè durante nè a fine cottura.

Per la verità, se proprio la vogliamo salare, allora si sala la parte cotta, immediatamente dopo averla voltata per poi salare l'altra parte una volta che l'avrete tolta dalla brace.



lunedì 19 gennaio 2009

Chiamiamo le cose con il loro nome.


Prima di tutto apro il post con i ringraziamenti, per la loro amichevole ospitalità, all'intraprendente amica dell'Appletarte G. e a suo fratello F.
La loro simpatia e disponibilità hanno reso piacevolissimo il nostro week-end in montagna. Se a questo aggiungiamo che la neve era perfetta e le piste ben battute, non potevamo chiedere di meglio.

Ok, ora passiamo a parlare di alcune cosette che proprio non vanno.
Io sono veramente stanco di entrare in ristoranti, o meglio bettole che, per sembrare quello che non sono, mettono in menù nomi di piatti altisonanti per servirvi, alla fine, cibo tradizionale, semplice e anche molto, ma molto mal cucinato.
Ora, io apprezzo che un ristoratore "pastore" si voglia elevare, e che studi e si evolva, ma deve farlo, non basta scrivere "mosaico di verdure grigliate" per servirvi un volgarissimo tagliere con zucchine, melanzane e peperoni (non di stagione!) malamente scottate al grill, o, quel che è peggio, "tortino di cereali glassato al formaggio fuso", che alla fine si è rilevato essere una semplice zuppa di orzo e fonduta, che del tortino aveva solo il nome, e se servito in una ciotola un pelino più grande, sarebbe andato benissimo per il giorno di festa in un qualunque carcere italiano.
Insomma, una sbobba rivisitata nel nome, ma non nella sostanza. Tralascio il resto che avrei volentieri fatto a meno di assaggiare se non fosse stato per la simpatia dei commensali, e concludo dicendo che quando ho fatto notare con gentilezza alla sguattera, perchè tale era, che la seconda bottiglia di Marina Cvetic era andata, cioè maderizzata, ella ha fatto arrivare in sala la tenutaria sommelier che ha ribattuto il nostro giudizio in modo polemico e saccente. A quel punto le soluzioni erano due, o come avrei voluto, bisognava alzarci e andare via, o come è stato, rimanere ed ingoiare bocconi amari, -
sic!- letteralmente.
Alle signore che gestiscono la bettola, che ancora antepongono l'H alla scritta osteria dico, cercate di fare più attenzione ai fornelli e meno alle parole del menù. Chiamate le cose con il loro nome e seguite la tendenza della gastronomia attuale, tornate alla cucina del territorio, se vi riesce.
Quello che non vi riuscirà mai è rivedermi ad un vostro tavolo.

Per fortuna, il giorno dopo, ci siamo immersi nel cuore del Parco Nazionale d'Abruzzo, da Alfedena a Pescasseroli, ed allora è tutto un susseguirsi di garbata ospitalità, di facce sincere e nobili e... di cucina semplice, e neanche tanto, ma strepitosamente gustosa.

Per cui un altro ringraziamento va fatto all'amico M. che ci ha fatto scoprire questa trattoria, parecchio rustica, dove vi troverete a servirvi da soli, nel senso che coprirete voi,
con le pietanze in mano, il tragitto che va dalle cucine alla sala.
A ben guardare gli avambracci della cuoca, la signora gentilissima che produce piccoli prodigi culinari, vi renderete conto della qualità assoluta del cibo proposto.

Una polenta pasticciata da urlo, uno gnocco di castagne sublime, una fetticcina al ragù di cervo perfetta, salsicce fumanti e agnello morbido come burro, patate al forno e broccoletti saltati, da manuale.
Roba semplice e per questo grande, tradizionale, e per questo difficile da trovare, roba che per volontà di questa gente fiera, mantiene il suo nome.

Insomma, non "Strisce di pasta disposte in ordine sparso al sugo di ungulato cornicefalo degli Abruzzi", ma semplici, banalissime e strepitosamente buone "Tagliatelle al ragù di cervo".

Per omaggiare "La Signora Cuoca",
scomodo molto volentieri Giuseppe Maria Crespi.

martedì 13 gennaio 2009

l'impossibilità dell'aperitivo...

... e non solo.
A testimonianza che la città è lo specchio della nazione, vi racconto il mio punto di vista su quel bar, o meglio, su quel nome che per anni ha rappresentato, secondo l'autorevole "Guida ai Bar d'Italia" il miglior bar di Napoli.
Come sempre non lo nominerò, non deve godere della pubblicità in positivo o in negativo, che ne trarrebbbe da questo blog.

Ebbene, è vero che non c'è in città la tradizione dell'aperitivo, come accede nelle piccole e grandi città del nord, ma è anche vero che se si decide di offrire degli "stuzzichini" assieme a un drink, ci si augura che siano almeno commestibili.
Ci avevano provato, per un po', ma poi, come spesso accade (ahimè) la qualità è andata via via abbassandosi fino a toccare il fondo sabato scorso.

Ancora una premessa e poi vi racconto. Non provate a bere il caffè perchè è imbevibile e non chiedete un succo, perchè inevitabilmente è stato scaraffato molto tempo prima e in più ve lo riempiono di ghiaccio.

Dunque, sabato scorso, in anticipo sull'ora di cena a casa di amici, decidiamo di prendere un aperitivo presso la sede posillipina del summenzionato bar.
A parte gli avventori delle 20,00 che sembrano personaggi usciti per l'ora d'aria e le avventrici che sembrano uscite da un provino per finte veline di una TV libera di quart'ordine, verrete serviti, male e svogliatamente, da un barman sporco e distratto.
Quello che era il piccolo buffet degli appetizer è ormai ridotto a sei pizzettine di plastica che non credo abbiano visto tempi migliori, insomma si ha l'idea che nascano proprio così, di plastica, e poi noccioline, patatine e olive a completamento dell'"innovativo" quadretto da bar di provincia sull'orlo del fallimento.

proviamo con le patatine, giacchè le pizzette erano poco commestibili, ma siamo costretti a desistere quando altri energumeni di Alcatraz tuffano le loro lercie zampe nel contenitore e continuiamo a bere.
Ci distraiamo un attimo ed il finto buffet è sparito, come a dire "ora ve ne dovete andare perchè dobbiamo prepararci all'invasione del sabato sera".

Infatti ce ne andiamo non senza aver fatto notare l'evidente stato di trascuratezza del locale.
Peccato che il bar fornisca le migliori codine d'aragosta con crema chantilly di tutta la città, ma non credo che basti per continuare a gratificare ancora un postaccio del genere.

Come tutte le cose in città, non c'è verso, anche questa sta dimostrando di essersi fregiata
immeritatamente di un titolo.

Grazie, ma la prossima volta, se sono in anticipo, l'aperitivo me lo faccio a casa.


lunedì 12 gennaio 2009

Che classe!


Solo un paio di considerazioni, a proposito delle regate in atto.
Come ho detto, non scriverò più delle regate attuali, se non dopo almeno dieci anni dagli accadimenti, come sto facendo per quelle cosette che racconto nella serie "Sono Stato Prodiere Di Straulino".
Mi fa piacere però ricordare su queste pagine due cose significative.
La prima riguarda più la gastronomia che la vela.
Ieri, FdG si è presentata a bordo con la sua Caprese, che, essendo stata fatta il giorno prima, aveva ben riposato ed era assolutamente perfetta.
Ed aggiungo, è stata anche l'unica nota dolce di una giornata amara.

La seconda riguarda un uomo. Ebbene, non ho mai visto nessuno reagire con tanta calma e signorilità alla rottura di parti dell'imbarcazione come D.

Ha subito danni alle murate e al giardinetto, dalla prua alla poppa, un personaggio losco e triste gli è entrato dentro la fiancata durante una manovra in porto (e chiarisco subito che la sua barca era ormeggiata perfettamente in banchina), in un approccio in boa gli sono entrati con il musone di prua nel baglio massimo, e ieri, l'ennesima rottura, quel maledetto crak del tangone in carbonio nel bel mezzo della regata e in ottima posizione.
E lui mantiene una calma serafica, dettata credo più da una signorilità innata che non da una forzata educazione.

Non so se in cuor suo smadonna e impreca, noi non ce ne accorgiamo.

Magari non è ancora tra i primi 10 timonieri al mondo, ma che classe!

Dedico questo post a lui e a quanti altri hanno diviso con me una splendida giornata di Mare, Vento e Sole.

mercoledì 7 gennaio 2009

Universi paralleli 2


E' mattina presto, il molo è animato da pochi pescatori, l'atmosfera è quasi irreale.
Tutto è silenzio, poche voci ripetono parole antiche, i gesti, sempre quelli, mani che recuperano ormeggi, dita che rifilano reti.

I gabbiani, quando non "sentono" il vento, tutti in fila sulla falchetta di un vecchio gozzo, si contendono un pesce scartato e gettato loro da un pescatore.
I cormorani si asciugano sulla grande boa che delimita il basso fondale all'interno del porto.
Un branco di gatti, e sono anni che si riproducono tra loro, sei o sette sono sempre neri, qualche pezzato, li vedi crescere, giocare sulle reti a riposo, e aspettano ogni barca che rientra dalla notte di pesca, sanno che ne riceveranno pescietti e molluschi.


Gli uomini, lì, che per molti anni sono stati pescatori bravissimi e stimati
portando a terra il miglior pesce della regione, si scambiano poche parole, poche, i pescatori non amano parlare.
E' un mondo surreale, sapendo che fuori da quell'ormeggio sicuro è solo traffico e urla e caos.
Lo guardo e penso che c'è qualcosa che non va.
Mi chiedo se è possibile assistere a questo spettacolo.
Non ora e non qui.
E per quanto ancora.

Per quanti di voi si stessero chiedendo dove accade tutto ciò rispondo, non in Bretagna e nemmeno sulle coste del Maine.
E' incredibilmente il Porto del Granatello.

In Inverno.


P.S. Invito, quanti stessero pensando che sia troppo romantico e sdolcinato, a leggere, ora, qui sotto.
A testimonianza del fatto che le cose appaiono diverse, dipende da come le si guarda.

Fa freddo, ed è maledettamente presto.
L'atmosfera spettrale del porto è interrotta dalle grida volgari di quelli che sono, ora, gli eredi dell'antica arte della pesca che aveva concentrato in questo porto il miglior pesce della regione.
I gabbiani, quando non svolazzano nelle discariche vengono qui, a contendersi con urla, gli scarti del pesce.
I gatti sono lì, a guardia del molo, almeno riducono la quantità di topi in circolazione.
I pescatori si scambiano poche parole, poche, più per invidia che per riservatezza.
E sono pronti a sparlare di questo o di quello, solo per boria.

Lo guardo, e penso che questo posto va esattamente come tutto il resto che lo circonda.
Male, nel caos e nel disordine.

Per fortuna non è così.
E' stato solo un brutto sogno.

In Inverno