lunedì 8 giugno 2009

Carotenuto Cavalier Antonio


Domenica mattina, niente mare, decidiamo di andare a Sorrento.

La Penisola Sorrentina si discosta molto dagli altri luoghi "canonici" del turismo campano, è dolce, vocata all'accoglienza, e conserva ancora quel fascino di non finito, di precario, di "arrangiato", che rimanda ad un tipo di turismo un po' più calmo.

Questa è almeno la mia impressione.

In Penisola ho trascorso gli anni della mia infanzia e della mia adolescenza.

E' naturale quindi, che ne parli con affetto e non senza un certa commozione.

Certo molte cose sono cambiate, trent'anni non sono pochi, e in questo tempo alcune caratteristiche si sono modificate, è inevitabile.

Ma gli odori, i colori, gli aranceti e le stradine che portano fin giù, a Marina Grande sono ancora quelli.

Ritornare in quei luoghi ha riportato alla mia memoria tempi in cui l'unica preoccupazione era avere abbastanza forza nelle gambe per salire fin su al Deserto, con la bicicletta, e vi assicuro che le bici di allora non erano propriamente quegli oggetti ultraleggeri di ora.

Passeggiando per Sorrento siamo andati a vedere se tutti i luoghi dell'infanzia erano ancora lì.

E, sorpresa, nessun cambiamento se non quelli inevitabili dovuti allo scorrere delle vite.

C'è ancora la rosticceria accanto al cinema Armida, lo stesso cinema espone ancora in sala i pannelli alti 2 metri delle maschere della commedia dell'arte dipinti da mio zio Vittorio, Il Fauno Bar ha ancora la stessa insegna, La Villa Pompeiana è ancora lì, la gelateria Davide Augusto, ma Davide era il cognome, continua a dispensare i suoi circa 30 gusti, l'unica delusione è che non c'è più il gusto ai Petali di Rosa (che raffinatezza), ma il gusto Noce di Sorrento ha rappresentato un vero tuffo al cuore.
Prima di inoltrarci in via Fuoro, un ultimo esperimento, si, Siniscalchi è ancora lì ad intrecciare sandali, raffinato e semplice retaggio di un'antica tradizione. E' lì che mio padre mi accompagnava a comprare i sandali a "ragno" su misura che erano pronti nel tempo di un gelato.

Ebbene, scendere per il III vico Fuoro fin giù Marina Grande è una poesia, lontano da scooter e autobus turistici arriviamo nell'antico borgo di pescatori percorrendo, purtroppo in parte, gli stessi gradoni che videro scendere La Pescivendola Donna Sofia.A causa dei lavori di ammodernamento della rete fognaria la rampa è in parte preclusa all'accesso ma non alla vista.
La nostra discesa è però accompagnata dal profumo antico di bucato.

Passeggiamo nel silenzio e ci fermiamo a prendere un aperitivo presso uno dei ristoranti sulle palafitte in legno che costeggiano la spiaggia di Marina Grande.
Accolti con un sorriso ci sediamo all'ombra di tradizionali "pagliarelle", un tuffo dove il tempo, per ora, a Giugno, si è fermato.

Lo stereo, in sottofondo, ci accompagna con la musica degli anni '70 e '80, e così... ricordi, ricordi e ancora ricordi.

Saluto lo chef con un sorriso e lui, affabile ricambia, non possiamo non cedere alla tentazione di magiare uno spaghetto in riva al mare.

Antipasto di alici fritte, sublime spaghetto (sottile) al tonno, arricchito da una notevolissima quantità di olive bianche e nere e capperi, stesso spaghetto con polipetti veraci appena pescati che mi hanno fatto riconciliare col polpo, che credevo di non amare più, abbiamo concluso con una fetta di Caprese fatta dal proprietario che aveva l'apprezzabile qualità dello zucchero a velo fatto in casa.
La brocchetta di Sorrento bianco ha fatto il resto.

Così è passata questa domenica di inizio Giugno, nella rassicurante ed abitudinaria Penisola, che ci ha accompagnati e coccolati, con la sua atmosfera e la sua raffinata ospitalità.







1 commento:

Anonimo ha detto...

GRAZIE!
hai trovato le parole giuste per descrivere un luogo incantevole
dove spesso mi rifugio anche nei mesi più freddi.
mi sono commossa
gab