venerdì 25 gennaio 2008

Siccome è Venerdì...

...e si avvicina il week end, ed il sabato pomeriggio quando possiamo lo dedichiamo alla cucina, ecco che scatta la tradizione culinaria napoletana.

Visto che io sono deputato alla preparazione dei due piatti, a mio avviso, cruciali della Cucina Napoletana, li farò contemporaneamente.

Il bello di questi due capolavori è che una volta avviati, si cuociono da soli, bisogna solo accarezzarli, di tanto in tanto, mentre riposano o meglio, "riflettono" al buio della pentola, rigorosamente d'alluminio, vecchia e con i manici di bachelite un po' rotti.

Sto naturalmente parlando di Sua Maestà il Ragù, e della sua eccellentissima consorte, Sua Altezza Graziosissima La Genovese.



Importante, per la perfetta riuscita dei piatti, la scelta degli ingredienti. Ma per entrambi, un'ingrediente è fondamentale: la sugna. Quella che uso io la fa mio padre (fondamentalista culinario), e per me è irrinunciabile.

Poi la carne di maiale (tracchiolelle e gallinella) e di manzo per il Ragù, mentra la Genovese esige la carne di "annecchia", cioè di vitello. La carne a fine cottura si mangerà con il contorno di patate fritte. Riporto il metodo di mio padre: tagliate a pezzi grossi, messe in pochissimo olio e con un mezzo cucchiaio di sugna, le patate si cuociono a fuoco bassissimo per almeno tre ore. Si otterranno così, delle patate fritte croccanti e solide fuori e con una sorta di purè all'interno.

Non mi dilungherò sul procedimento non molto elaborato di entrambe le Salse.

Sappiate che per entrambe, l'aiuto di un buon libro risulta spesso molto gradito, visti gli interminabili tempi di cottura.

Quello che deve essere chiaro è che alla fine la Genovese deve risultare una crema scura tendente al colore bruno e lucida, e che grazie alla lunga cottura ed evaporazione non sarà pesante nè si "riproporrà". Il Ragù, invece, dovrà diventare una solida crema rosso scurissimo e dall'elevato potere condente.

Non ci vuole grande perizia per preparare queste due prelibatezze, ma non bisogna avere fretta, in nessuna delle fasi di preparazione, altrimenti qualcuno, assaggiando il vostro Ragù, potrebbe dirvi, come disse Eduardo alle prese con un Ragù mal riuscito:

"e chist' m'o chiamm' rraù? Ma chest' è carn c'a pummarola!"

Per meglio chiarire il concetto, eccovi la poesia di Eduardo da cui ho tratto la citazione

O 'rraù
'O rraù ca me piace a me
m' 'o ffaceva sulo mammà.
A che m'aggio spusato a te,
ne parlammo pè ne parlà.
io nun songo difficultuso;
ma luvàmmel' 'a miezo st'uso

Sì,va buono:cumme vuò tu.
Mò ce avéssem' appiccecà?
Tu che dice?Chest' 'è rraù?
E io m' 'o mmagno pè m' 'o mangià...
M' ' a faja dicere na parola?...
Chesta è carne c' ' a pummarola





Fuori tema: mentre scrivo questo post la radio trasmette "The house of rising sun" degli Animals. Che vi devo dire, mi sono commosso.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

rivoli di acquolina e invidia per il tuo pranzo domenicale. Per la genovese potrei morire, mia nonna la faceva (anche se siamo pugliesi lei aveva una vicina napoletana, la signora Carolina, che le aveva passato anche le ricette del gattò e dei "panzerotti", stesso impasto ma piccoli e fritti). Che dire, di fronte a tutto questo viene voglia di prendere a mazzate il prossimo che mi chiede cene a base di finger food.
A presto e viva Eduardo
V.

guidodemaio ha detto...

spippettea? Mi sembra di sentirne il profumo e di vedere le macchie di rossopomodoro colare dalla pentola...

carlo olivari ha detto...

Cuoca, ho in programma una salita in quel di Como, sarebbe carino se, compatibilmente con i tuoi impegni, riuscissimo a fare un incontro al vertice "gastronomico". Sentiamoci o scriviamoci via mail per concordare almeno un incontro.
Saluti
Carlo


Guido, è un piacere quel pippiare della pentola, è un suono rilassante e rassicurante.